L’ educazione terapeutica: una sfida per il benessere del Cittadino.

Educazione terapeutica: a chi si rivolge oggi?

Nella riorganizzazione del modello sanitario che pone al centro il Paziente, le patologie croniche degenerative sicuramente sono quelle che impegnano di più il sistema sanitario: diabete mellito, ipertensione e broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), ad esempio, sono in costante aumento. La possibilità di vincere la sfida contro queste patologie rappresenta sicuramente un’occasione di risparmio per il nostro sistema sanitario nazionale.

L’approccio, oltre ad essere di tipo educativo-preventivo (ad esempio educazione ad una sana alimentazione o all’astensione  dal fumo), deve essere orientato all’assistenza sul territorio, soprattutto quando i problemi di salute sono ormai costanti e la malattia conclamata. Gli Infermieri in possesso delle competenze specialistiche/avanzate necessarie (da tempo sono stati attivati dei master post laurea sulla prevenzione e sull’assistenza territoriale) sono coloro che potrebbero svolgere quella che si definisce la “terapia educazionale”, mettendo in campo le loro competenze in maniera mirata ed in totale autonomia da altre figure professionali, con cui, comunque, collaborano costantemente.

Se ci si chiede cosa significhi “educare un paziente”, la risposta può essere: “far emergere nel malato comportamenti positivi verso la propria salute” e, di conseguenza, migliorare la qualità della vita. L’educazione terapeutica, come già affermato, è rivolta a quelle persone nelle quali la patologia è già comparsa. Il Medico di famiglia potrebbe seguire l’evoluzione della malattia nel tempo (es. prescrivendo i farmaci di volta in volta più adatti) ma la sfera educazionale ed il follow-up di controllo delle patologie croniche dovrebbero essere eseguiti dall’Infermiere. Quest’ultimo, proprio per sua formazione, sviluppa capacità tecniche e comunicative (e non solo) che potrebbero produrre maggiori risultati nel processo di cambiamento messo in atto da un paziente determinato ad intervenire sulla propria patologia.

Le patologie croniche determinano una “rottura” rispetto alla propria immagine (“Non sono più come ero prima, prima di ammalarmi.”). Non si tratta semplicemente di informare il paziente rispetto alla sua patologia e al suo trattamento, ma di stimolarlo al cambiamento dello stile di vita, onde evitare lo sviluppo di complicanze future.

Il carattere educativo dell’assistenza implica che ci sia una certa volontà da parte di chi educa ma, soprattutto, da parte di chi è “educato”. L’efficacia dell’assistenza dipende in buona parte dall’intenzione del paziente di cambiare e dalla sua disponibilità ad apprendere. Per creare le condizioni più adatte affinché ciò avvenga, queste azioni educative dovrebbero trovare l’ambiente “giusto” per potersi sviluppare. Quest’ultimo potrebbe essere il domicilio del paziente o un centro diurno appositamente studiato per intervenire efficacemente su certi tipi di patologia.

Il “setting pedagogico” riveste particolare importanza poiché pone al centro lo specifico contesto di vita del paziente e le sue abitudini, sviluppando uno spazio idoneo in cui lo stesso possa raccontare della sua malattia, riducendo la distanza e l’assimmetria tra operatore sanitario e paziente.

La malattia cronica può essere affrontata solo se il paziente si rende responsabile del proprio processo di cura, ottenendo così una cura collaborativa e lo sviluppo del self care: i pazienti, proprio perché diventano più responsabili della propria patologia, sviluppano la possibilità di gestirla meglio, collaborando in modo attivo con i Curanti.

Chi, meglio degli Infermieri (tra gli operatori sanitari), esprime il proprio “saper fare” portando allo sviluppo di capacità manuali nei pazienti attraverso esempi pratici? Frasi come “Ti insegno a controllare la glicemia” o “Ti insegno a misurare la pressione” sono all’ordine del giorno. Non si tratta di semplici istruzioni ma di un’attività educativa costante, che agisce prima di tutto sulle capacità dell’individuo di risoluzione dei problemi (problem solving), stimolando il senso di autoefficacia, fino ad arrivare a una maggiore fiducia in se stessi.

Da tutto ciò si può ben intuire quale potrebbe essere il vantaggio che potrebbe trarre anche l’economia del nostro Paese, sviluppando un’assistenza territorializzata e centrata sul paziente. Assistenza portata avanti anche grazie alla figura dell’Infermiere come professionista della salute che entra nella vita quotidiana delle famiglie.


Riferimenti bibliografici:

  • Bandura, A. Self-efficacy: The exercise of control. New York: Freeman, 1997.
  • Anne Lacroix, Jean-Philippe Assal. L’educazione terapeutica dei pazienti. Edizioni Minerva Medica: Torino, 2005.
  • Lucia Zannini. “Salute Malattia e Cura. Teoria e percorsi di clinica della formazione per gli operatori sociosanitari”. Franco Angeli: Milano, 2001.

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