Sovraffollamento del Pronto Soccorso: quali soluzioni?

In questo periodo, quasi quotidianamente, leggiamo notizie di cronaca (purtroppo anche di cronaca nera) provenienti da tutta Italia, relative all’annoso problema del sovraffollamento dei Pronto Soccorso (di seguito abbreviato “P.S.”); immagini che talvolta ricordano gli “ospedali da campo” e che non si ritiene necessario descrivere né tantomeno riportare.

Le soluzioni ipotizzate dalle Figure che si occupano di organizzare e gestire una vera e propria “emergenza nell’emergenza” (non di rado, purtroppo, Figure puramente gestionali/manageriali) sono tra le più varie e spaziano, ad esempio, dalla richiesta di aumento del numero di posti letto ospedalieri autorizzati per alcune aree di cura ad un miglior raccordo tra ospedale e territorio o al generale potenziamento delle cure primarie/territoriali.

Leggendo e ascoltando le opinioni di alcuni rappresentanti dei soggetti interessati (Cittadini e tutte le Professioni sanitarie) ci si potrebbe domandare: negli altri Paesi cosa accade realmente? L’Infermiere di Famiglia potrebbe contribuire alla riduzione del disagio? Ma soprattutto, come tentare di prevenire il sovraffollamento?

Di seguito le risposte ad alcune domande rivolte ad una giovane Infermiera italiana, Manuela Martinoli, che lavora attualmente in un Pronto Soccorso del Regno Unito.

Infine, una rassegna di articoli di quotidiani nazionali e di documenti da cui poter trarre degli spunti di riflessione.

Apprezzati i commenti e le segnalazioni!

Manuela, qual è attualmente la situazione nell’A&E britannico in cui lavori ?

Il sovraffollamento in P.S. è un grande problema anche in U.K. Quest’inverno abbiamo toccato il fondo e c’è stata (o meglio, è ancora in atto) una crisi profonda in tutta la sanità che ha scaturito malcontenti tra gli addetti ai lavori fino alle dimissioni volontarie e, soprattutto, ha messo in pericolo i pazienti per carenza di risorse. Anche nel mio ospedale le file di barelle ostruivano il corridoio. Prima dell’inizio di questa “crisi” tuttavia (fino a Settembre), mi son trovata a lavorare in un reparto davvero organizzato, con personale formato ed entusiasta. Non è un ospedale piccolo (conta che in media abbiamo 280/300 accessi in P.S. al giorno (a Dicembre anche 320). La struttura di P.S. è suddivisa così: MINORS, dove abbiamo il triage di chi arriva senza ambulanza e trattiamo i codici minori; TROLLEY/MAJORS, dove abbiamo 10 barelle senza monitor e 10 con il monitor; RESUS, con 4 posti di rianimazione (di cui uno pediatrico); PIT STOP, dove triagiamo i pazienti che arrivano in ambulanza (abbiamo 7 barelle), facciamo prima valutazione, prelievi ematici, elettrocardiogramma e quel che serve in “urgenza”, poi i pazienti vengono allocati al trolley/majors/resus o in sala d’attesa. Questo fa sì che le ambulanze non debbano attendere troppo (tranne in casi estremi come questa stagione). E ancora, la CDU (Clinical Decision Unit), simile alla nostra OBI (Osservazione Breve Intensiva).

Quali strategie si adottano per affrontare il problema?

Diverse sono le strategie per ridurre il sovraffollamento. A partire da strategie interne al P.S.: i problemi minori sono trattati dalla “sala d’attesa” in cui dalle 8 alle 20 c’è un Medico e due Infermieri ENPs (Emergency Nurse Pratictioners). Sono Infermieri Senior con specializzazione in Minor Injury che fanno “see and treat”. L’infermiere di triage in MINORS deve anche trattare alcuni problemi minori (analgesia, medicazioni, valve o gessi ecc). All’interno del P.S. (soprattutto in CDU) abbiamo parecchie figure (di giorno) che facilitano le dimissioni protette. Tra cui terapista occupazionale, fisioterapisti e un team di Infermieri (che lavorano per tutto l’ospedale) che organizzano il follow-up a domicilio per poi passare consegna alle strutture territoriali. Abbiamo inoltre due reparti, Surgical Assessment Unit e Medical Assessment Unit, in cui vanno i pazienti mandati dal General Practitioner (se c’è spazio) e quelli di pronto soccorso che hanno bisogno di ulteriori accertamenti o di essere recoverati.

Esiste un servizio di assistenza territoriale tale per cui si riescono ad evitare gli accessi per problematiche minori?

Sì, esistono servizi e strutture territoriali. Qui in UK ci sono degli Infermieri (Practice Nurses) che lavorano con i Medici di Medicina Generale. Ci sono i District Nurses (Infermieri che si occupano di assistenza domiciliare). Ci sono inoltre diversi team di Infermieri che supportano pazienti con determinate patologie al domicilio; alcuni esempi: Heart Failure Nurses, Respiratory, Multiple Sclerosis. Esiste anche un sistema domiciliare (non di infermieri, ma di carer) che può arrivare a visitare i pazienti fino a 4 volte al giorno (es per cure igieniche). Inoltre abbiamo i cosiddetti walk-in-centres che sono ambulatori con Medici ed Infermieri per problemi minori (come se fossero piccoli pronto soccorso per problematiche meno gravi e non urgenti). Eppure, tutto ciò non è bastato per ridurre il sovraffollamento ed evitare accessi inutili. I Cittadini sono attratti dal pronto soccorso e mancano di quel minimo di educazione sanitaria che gli permetta di discernere autonomamente cosa è grave e cosa non lo è. In più, a mio parere, mancano le “case di riposo” (secondo me è il problema principale che non permette il decongestionamento). La popolazione invecchia sempre di più, la gente non riesce a gestire da sola a casa la propria malattia. I figli e nipoti non possono più curare in casa i propri cari, come si faceva una volta, però d’altra parte non dispongono di risorse economiche sufficienti per pagare una badante o una casa di riposo privata. Quindi, una volta ricoverati in ospedale, non si riesce più a dimettere i Malati per mancanza di strutture pubbliche che possano accoglierli. Poche settimane fa, circa 80 pazienti dell’ospedale in cui lavoro stavano solo aspettando la disponibilità di un posto in una casa di riposo pubblica.

Considerati i tuoi approfondimenti (mi riferisco alla tua Tesi di Laurea “L’assistenza infermieristica e la gestione delle persone con problemi di salute minori in pronto soccorso: indagine presso l’A.O. Niguarda Ca’Granda”), ti domando: ritieni che l’istituzione della figura dell’Infermiere di Famiglia in Italia (così come concepita dall’OMS) possa essere una concreta seppur parziale soluzione?

Sì, credo che l’Infermiere di Famiglia sia un importantissimo tassello mancante nella sanità italiana. Potrebbe lavorare “a braccetto” col medico di base e/o a domicilio. Inoltre, per ripetere anche ciò che ho già detto, a mio parere noi Infermieri Italiani dovremmo imparare ad essere tali anche nei reparti di degenza, attuando VERI interventi di educazione sanitaria, prevenzione e cura (cosa assai difficile con le poche risorse e con la mentalità da “giro letti” e “giro terapia”). Un’altra importante figura è quella del Case Manager (le poche Case Manager italiane che ho incontrato sembrano fare le vice-coordinatrici)…figura infermieristica che si prende veramente carico della situazione del malato e fa da fulcro principale tra le varie figure. Il paziente non può essere dimesso solo perchè è a posto dal punto di vista medico. Verrà dimesso se è a posto dal punto di vista di tutti i Professionisti (anche su questo potrei parlare per ore, ma mi fermo qua). Altra parte mancante nella sanità italiana è secondo me la possibilità per gli Infermieri di specializzarsi. Seppur “bravi e formati” come potremmo essere, secondo me, non avremo mai le conoscenze specifiche per ogni tipo di paziente/patologia (NB: sto parlando di conoscenze di assistenza infermieristica). Le comorbidità di ogni paziente sono  numerose e altrettanto numerosi e vari sono i suoi bisogni di assistenza. Come un gastroenterologo chiede al cardiologo di rivalutare un suo paziente, noi, in Italia, dovremmo avere la possibilità di chiedere una consulenza infermieristica ad un gruppo di Infermieri specializzati al fine di ottenere indicazioni assistenziali.

Quali sono secondo te le altre possibili soluzioni al problema del sovraffollamento?

A questa domanda ho già risposto nelle precedenti. Posso elencarti tutti i concetti:

– strutture territoriali/ricoveri

– infermiere di famiglia/domiciliari/pn

– istituzione di altri reparti di valutazione (mau, sau, aau in uk)

– soluzioni interne al ps (see and treat, minor injuries…)

– educazione della popolazione (a partire dalla scuola elementare)!!!!!!

– specializzazioni infermieristiche

– COMUNICAZIONE tra tutti questi mondi!!!

Come vedi, in tutti questi punti l’Infermiere è una figura indispensabile e centrale…ma probabilmente non ce ne siamo ancora resi conto.

Condividi? Qualcosa da aggiungere? altri punti di vista?

Manuela


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