L’Infermiere di Famiglia in Italia: utopia o realtà? Seconda parte.

Infermiere di Famiglia in Italia: (ri)costruiamo la sua identità.

Continuiamo il percorso riportando un estratto della prima parte dell’articolo, in cui si prova a delineare, secondo il citato documento dell’OMS, l’identità dell’Infermiere di Famiglia in Europa:

1. si occuperà anche di cronicità;

2. trascorrerà buona parte del suo tempo a lavorare a domicilio dei pazienti e con le loro famiglie;

3. fornirà consigli sugli stili di vita e sui comportamenti a rischio;

4. individuerà precocemente i problemi di salute delle famiglie;

5. sarà in grado di identificare gli effetti dei fattori socio-economici sulla salute della famiglia e di indirizzarla alle strutture più adatte;

6. faciliterà la dimissione precoce dagli ospedali fornendo assistenza infermieristica al domicilio;

7. agirà da tramite tra la famiglia e il medico di famiglia, sostituendosi a quest’ultimo nei casi in cui i bisogni identificati sono per lo più di competenza infermieristica;

8. assumerà un ruolo lungo tutto il continuum assistenziale, occupandosi di promozione della salute, prevenzione della malattia, riabilitazione, assistenza ai malati e ai morenti;

9. presterà la sua opera al singolo Individuo, alle Famiglie e all’intera Comunità;

10. collaborerà con le Comunità affinchè queste riescano a trovare da sole le soluzioni ai loro problemi (empowerment);

11. dovrà tenere in considerazione non soltanto le problematiche fisiche dei pazienti ma anche gli aspetti psicologici e sociali delle loro condizioni; per fare ciò dovrà conoscere i loro contesti di vita: l’abitazione, la famiglia, il lavoro, la loro vita sociale, l’ambiente fisco in cui trascorrono il loro tempo;

12. sarà responsabile di un gruppo definito di famiglie.

Iniziando a commentare il profilo descritto seguendo l’ordine dei punti qui sopra, chi scrive ritiene che assistere individui affetti da disabilità/malattie croniche (es. diabete o malattie neurodegenerative) implichi un monitoraggio continuo della persona, del suo stato di malattia e della sua capacità di adattamento a quest’ultima. “L’impatto della medesima malattia varia enormemente da soggetto a soggetto. La sola diagnosi infatti non è predittiva del servizio richiesto, del livello di assistenza, della necessità di sussidi per la disabilità, della capacità lavorativa dell’integrazione sociale” (Cristina Stanic, 2008). Non ci si riferisce, quindi, alla mera esecuzione di una o più prestazioni (es. somministrazione domiciliare o ambulatoriale di terapie endovena o esecuzione di un prelievo ematico), ma ad un’attività pianificata, organizzata, strutturata e soprattutto protratta nel tempo. Un’assistenza infermieristica preventiva e al contempo riabilitativa e curativa, volta a migliorare la qualità di vita anche degli Individui affetti da malattia “inguaribile” (ma non “incurabile”) e delle loro Famiglie, volta anche a ridurre il rischio di riacutizzazioni, spesso fatali. Parliamo, in altri termini, di prevenzione terziaria, di un contributo alla riduzione degli accessi al Pronto Soccorso e, di conseguenza, anche di un contributo alla riduzione del numero e della durata delle ospedalizzazioni. Per fare ciò, l’Infermiere di Famiglia trascorre la maggior parte del tempo a “lavorare a domicilio dei pazienti e con le loro famiglie”.

Entrando nelle Famiglie, l’Infermiere di Famiglia ha anche la possibilità d’intercettare tempestivamente eventuali segni e sintomi manifestati da componenti “sani” della Famiglia (manifestazioni di bisogni potenziali, inespressi), indirizzandoli precocemente ai servizi specialistici competenti presenti nel territorio e ai Professionisti appropriati (es. Medico di Medicina Generale, Assistente Sociale, Educatore, etc.). Essendo in grado di fornire Assistenza Infermieristica anche di tipo “prestazionale”, l’Infermiere di Famiglia facilita le dimissioni precoci e il rientro del malato al proprio domicilio, potendo offrire da subito le cure necessarie, nell’attesa, ad esempio, che si attivino i servizi di assistenza territoriale dedicati (es. l’Assistenza Domiciliare Integrata o le Cure Palliative Domiciliari); da notare che, secondo quanto previsto dal Curriculum Europeo dell’Infermiere di Famiglia, questa figura deve possedere un’anzianità professionale minima al fine di poter garantire e offrire all’Utente sufficiente esperienza e autonomia professionale. Indirizzando e guidando la Famiglia nell’attivazione dei servizi territoriali/distrettuali, l’Infermiere di Famiglia contribuisce ulteriormente ad una deospedalizzazione precoce.

Agendo “da tramite”, da interfaccia, tra la Famiglia e il Medico di Medicina Generale, l’Infermiere di Famiglia, oltre a sostituire il Medico per il soddisfacimento di bisogni prettamente assistenziali, può svolgere anche una funzione di filtro, di “triage”, ottenendo come effetto, l’incremento del tempo a disposizione del Medico di M.G. per la pianificazione delle attività diagnostiche e terapeutiche e per le visite domiciliari.

Occuparsi di promozione della salute (“La promozione della salute è il processo che consente alle persone di esercitare un maggiore controllo sulla propria salute e di migliorarla.”, OMS) e di prevenzione (“La prevenzione delle malattie non comprende solo misure finalizzate a prevenire l’insorgenza delle malattie, come ad esempio la riduzione dei fattori di rischio, ma riguarda anche misure volte ad arrestare l’evoluzione di una malattia già insorta e a ridurne le conseguenze.”, OMS) significa, in concreto, attuare una presa in carico leggera e anticipata, adottare un approccio proattivo e quindi significa fare sanità d’iniziativa (e non d’attesa). In altri termini si tratta di avere la capacità di “anticipare futuri problemi e cambiamenti. Significa andare a casa delle persone senza attendere che vengano da te. E’ così che si scoprono realtà che altrimenti non si renderebbero palesi” (Loreta Lattanzio, 2008).

L’Infermiere di Famiglia, in realtà, non si rivolge soltanto agli Individui e alle loro Famiglie ma all’intera Comunità, a cui trasferisce le conoscenze utili per il raggiungimento, tra gli altri, di ambiziosi obiettivi: il controllo sulla propria salute, la capacità di autocura, l’accesso più consapevole ai servizi sanitari.

Assistendo un gruppo preassegnato di Famiglie, l’Infermiere di Famiglia ha la possibilità di conoscere in maniera approfondita la loro storia di salute, potendo così offrire un servizio di presa in carico globale e garantendo nel tempo la continuità delle cure, diventando una figura di riferimento.

L’Infermiere di Famiglia non deve essere considerato (e non è) un professionista onnisciente, tantomeno uno “specialista” in senso stretto; piuttosto, chi scrive condivide la definizione di alcuni Autori di Infermiere “specialista-generalista” che, grazie all’esperienza professionale e alla specifica formazione, ha sviluppato le capacità e le conoscenze prima sintetizzate e meglio descritte nel relativo documento. Certamente, in virtù di quanto descritto dall’OMS, un Infermiere denominato “Infermiere di Famiglia” non può essere un semplice erogatore di prestazioni domiciliari o ambulatoriali. Superare questa visione, nel nostro Paese, probabilmente richiede importanti sforzi se non una vera e propria rivoluzione culturale, a più livelli.

Tra gli “addetti ai lavori”, in Italia, alcune delle domande più frequenti sono: qual è la principale innovazione che apporterebbe l’introduzione dell’Infermiere di Famiglia in Italia? Qual è la differenza rispetto ad un servizio di  cure domiciliari?

Riassumendo, chi scrive ritiene che la risposta sia tanto semplice quanto complessa e rivoluzionaria nella sua concreta attuazione: la presa in carico anticipata (proattività), protratta nel tempo (continuità) e con approccio globale (multidisciplinarietà) alla persona, anche sana, in un contesto assistenziale realmente “di rete” e di reciproca collaborazione.

Quale Infermiere o quale servizio Infermieristico già esistente in Italia si avvicina maggiormente al profilo qui brevemente (e non esaustivamente) delineato?

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Riferimenti:

L’Infermiere di Famiglia. Contesto, quadro concettuale e curriculum (in INGLESE) (data ultimo accesso: 10/01/2015).

Regione Piemonte, Centro Regionale di Documentazione per la Promozione della Salute DoRS. Glossario OMS della Promozione della Salute (data ultimo accesso: 10/01/2015).

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